sabato 5 novembre 2011

Il racconto di un sogno trasformato in un incubo!


Stefania Pulvirenti è una giovane signora che, nemmeno troppo tempo fa, aveva un sogno comune a quello di tanti: avere una casa in un luogo tranquillo ma vicino alle comodità della grande città, un luogo in cui invecchiare in serenità e far crescere i figli. Questo sogno si è avverato nel 2006 quando scelse Aci S. Antonio: una casa perfetta per la propria famiglia, in un angolo tranquillo della Sicilia orientale. Purtroppo dai sogni spesso si viene svegliati bruscamente: così, adiacente alla propria abitazione, Stefania, nel 2008 vede ripartire i lavori, da tempo fermi, di un cantiere che costruisce un intero edificio «letteralmente appoggiandosi alla mia casa - come spiega lei stessa - in barba alle norme di costruzione».
Partono i ricorsi, sono i primi mesi del 2009, e le vie legali, come si sa, non possiedono la dote della celerità: si spera abbiano almeno quella della giustizia.
La vicenda si chiude, di fatto, poche settimane fa, con l'ultimo provvedimento del giudice ma, nello specifico, Stefania ritiene di non avere ottenuto giustizia dopo una battaglia legale durata tre anni: la propria domanda, pur corredata da numerosi pareri tecnici relativi alle carenze strutturali, è stata rigettata e il giudice ha ordinato di concludere l'opera già cominciata.
Il sogno di Stefania, oggi, si è tramutato in incubo creato dall'angoscia di avere ragione nel ritenere pericolosa l'opera costruita accanto alla propria abitazione: «Sto vivendo una vicenda surreale - ha commentato-: nel nostro paese che ha conosciuto e conosce molto bene i pericoli delle calamità naturali come i terremoti io mi ritrovo in pericolo a casa mia a causa di un immobile che, secondo i pareri degli esperti, potrebbe crollarmi addosso. La mia vicenda potrebbe essere comune a quella di altri cittadini: molti, probabilmente, non hanno la disponibilità economica di affrontare una lunga battaglia giudiziaria e si rassegnano a vivere nel pericolo costante. Da anni sto combattendo nelle aule dei tribunali, sia in sede civile che penale, perchè sia riconosciuto il mio diritto alla sicurezza e nonostante l'ultima decisione sfavorevole continuerò a chiedere il rispetto della legalità».

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