È un omicidio-suicidio figlio della disperazione quello avvenuto ad Aci Sant’Antonio, dove Luigi Gagliardo, 38 anni, ha
assassinato a coltellate gli anziani genitori, entrambi 80enni, Antonio
Gagliardio e Rosa Amoroso.
La tragedia è avvenuta nella casa dove i tre vivevano, in un palazzo
vecchio e scuro alla periferia del paesino alle pendici dell’Etna. Luigi
Gagliardo, in passato condannato in un processo alla mafia agrigentina,
ma da tempo fuori dal giro, era senza un’occupazione e abitava ancora
con il padre e la madre, che insieme mettevano 900 euro al mese
di pensione, ma che pagavano, con essi, l’affitto per la casa e ciò che bastava per sostenere il figlio. Viveva la condizione di avere un fratello pentito e un altro
ex sottufficiale dell’Arma. Tra l’omicida e i suoi genitori non c’erano
stati in passato, secondo quanto si è appreso, dissapori violenti o
contrasti. Per questo la tesi privilegiata è quello di un raptus di
follia. Secondo una prima
ricostruzione dei
carabinieri, l’uomo avrebbe accoltellato prima la madre, casalinga, poi
il padre, ex operaio di una cava in pensione, che era ipovedente e non
ci sentiva bene. Quindi avrebbe messo sui corpi una coperta. Dopo il
duplice omicidio Luigi Gagliardo decide di togliersi la vita, che
realizza solo diverse ore dopo. L’uomo ha preso una bombola del gas,
ha aperto la valvola, si è steso sul divano e si portato alla bocca il
tubo di gomma, iniziando a respirare Gpl e chiudendosi la testa dentro
una busta di plastica. La morte è giunta per soffocamento.
A scoprire la tragedia è stato uno dei fratelli della vittima, un ex
brigadiere dei carabinieri in congedo, una persona conosciuta e stimata
nell’Arma, che si era recato a trovare i genitori, che abitavano nella
stessa zona. Non avendo risposta e non potendo entrare nell’abitazione,
che era chiusa a chiave dall’interno, ha chiesto ad alcuni operai che
stavano lavorando su una impalcatura posta sulla facciata del palazzo di
spingere l’anta di una finestra per entrare nell’appartamento. Dopo
aver visto la scena ha dato l’allarme chiamando i suoi ex colleghi con
una telefonata al 112.
La famiglia Gagliardo era originaria di Racalmuto (Agrigento), e si era
trasferita nel Catanese dopo le inchieste giudiziarie antimafia che
avevano coinvolto Luigi Gagliardo e suo fratello Ignazio, collaboratore
di giustizia che ha rivelato ai magistrati i retroscena delle attività
criminali delle cosche mafiose agrigentine e in particolare del clan dei
cosiddetti "Pidocchi". Qualche giorno prima di essere arrestato
nell'operazione "Sicania 2" del 2007 contro i boss di Agrigento,
coordinata dalla Dda di Palermo, Luigi Gagliardo si era pubblicamente
dissociato dal pentimento del fratello Ignazio. In seguito, Luigi
Gagliardo era stato condannato per l'inchiesta
"Sicania 2" a tre anni e quattro mesi di reclusione. In precedenza, il
parricida era già entrato in indagini antimafia, ed era stato arrestato
per la prima volta nell'ambito dell'operazione "Ombra" nel 2003.
Le indagini sulla tragedia sono state eseguite dai carabinieri della compagnia di Acireale e del comando provinciale di Catania.
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